L’emergenza del Covid-19 ha messo evidentemente il genere umano ed il mondo intero davanti ad una straordinaria condizione, che non può essere risolta attraverso il ritorno a un sistema squilibrato e inefficiente, solo per abitudine e stanchezza.
La situazione di emergenza che stiamo vivendo, e che gradualmente stiamo abbandonando, non può essere solo un ricordo lontano di un periodo difficile, bensì una lezione importante che, in qualche modo, la vita ci sta dando ai fini di una nostra comune evoluzione, verso un futuro più in equilibrio con la nostra natura e meno fittizio. È evidente che questa lezione dev’essere interpretata nei modi corretti, al fine di non rendere vano ogni nostro sforzo di collaborazione e ritrovarci, a breve, in una nuova situazione peggiore di quella attuale.
Ci limiteremo qui a riflessioni brevi e spontanee, non essendo questa la sede per approfondire i grandi temi relativi alle varie cause che hanno determinato tale incredibile situazione, alla mancanza di visioni etiche e umanitarie, all’assenza del rispetto della natura, alle responsabilità delle politiche mondiali, agli effetti devastanti sul piano economico ed altro ancora, trattandosi di argomenti sconfinati ed inafferrabili, su cui tanto si è scritto e con diverse opinioni.
Un virus (infinitesimamente piccolo) ha dimostrato che l’estesa moltitudine del genere umano, distribuita in un mondo di grandi nazioni con tradizioni culturali secolari, evolute scientificamente e economicamente, può essere spazzata via con una semplicità incredibile ed incontrollata.
Una prima riflessione è che il virus ci ricorda che, sebbene ci sentissimo i padroni del mondo, non lo siamo; tutto può cambiare improvvisamente se non sarà l’uomo a decidere finalmente di cambiare e di comprendere che viviamo in un equilibrio perfetto, governato dalle forze della natura, che sarà sempre più forte degli esseri viventi ai quali dà la vita.
Tale equilibrio non può essere minacciato in modo permanente, perché sono infinite le possibilità di sopperire alle anomalie o agli incidenti.
A riprova di tale assunto, è sufficiente pensare al rapido insorgere di fenomeni naturali a noi nocivi negli ultimi decenni, parallelamente all’aumento di un inquinamento fuori controllo proveniente dalle attività umane.
Uno tra tutti, ampiamente suffragato dalla dottrina scientifica, è l’aggravamento del riscaldamento globale, in grande percentuale causato da fattori imputabili alle attività umane e che tra non molto porterà conseguenze ben più gravi ed irrimediabili del già terribile virus[1].
Secondo i rapporti scientifici dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), infatti, il collasso climatico è previsto per l’anno 2050, e le possibilità di evitarlo sono già molto esigue[2].
Si aggiunga che, rispetto al virus, alcuni studi scientifici già stanno facendo luce sulle evidenti relazioni tra l’aumento dello squilibrio naturale (deforestazione, estinzione delle specie naturali, etc.) e l’insorgere di pandemie[3].
La lieve possibilità di risanare una situazione tanto critica, richiederà sicuramente una forte urgenza di intervento e la nascita di una salda coscienza sociale che punti alla collaborazione in tale direzione. Sarà necessario, quindi, che ognuno inizi ad adottare comportamenti sensati e adeguati a tale fine, coltivando un senso etico della vita, con la consapevolezza che l’umanità va salvata anche tramite i gesti dei singoli che, sommandosi, rappresentano l’espressione di una civiltà.
In questa ottica, è chiaro anche il ruolo determinante cui sono chiamati i governi del mondo, sempre che siano in grado di riconquistare e rivalorizzare, alla base delle politiche future, non solo gli aspetti economici, ma anche e soprattutto le iniziative a favore dell’umanità e del mondo, e che si rendano conto che solo tali iniziative, sebbene troppo spesso ritenute rinviabili, rappresentano la via di un nuovo necessario umanesimo e l’unica speranza per l’esistenza del creato.
In ciò è evidente, quale ulteriore insegnamento dei seri accadimenti in questione, di contro all’impreparazione ed improvvisazioni dimostrate, la necessità che i governi risultino competenti e capaci, che abbiano il senso dello Stato con sensibilità e stature intellettuali adeguate, vagliate e valorizzate attraverso una meritocrazia culturale ed umana, essenziale per poter intercettare ed interpretare i segni dei nostri tempi, i valori veri dell’uomo e della natura, prioritari e necessari all’esistenza e, ovviamente, allo stesso Stato.
Non più, quindi, chiusure personali e interiori ed accettazioni passive delle ignoranze dei governanti, nella speranza troppo dilatata ed illusoria che qualcosa prodigiosamente cambi e che, in fondo, non ci riguardi, ma il continuo sviluppo ed unione delle singole competenze al servizio di un mondo migliore e, soprattutto, il risorgimento del concetto dell’ “ideale”, per società più giuste e rispettose della natura e della umanità in genere, concetto per il quale la storia ci ricorda che nel passato molti hanno combattuto, sacrificando anche le proprie vite.
Che cosa stanno facendo, quindi, gli Stati, per risolvere i problemi legati al cambiamento climatico, all’inquinamento, alla perdita di specie viventi, alla deforestazione? Ricordiamo che la maggior parte degli accordi internazionali, in tal senso, non sono giuridicamente vincolanti e che quei pochi giuridicamente vincolanti, tuttavia, non vengono rispettati nelle loro scadenze.
Che cosa stiamo facendo, noi, singoli individui, per mitigare lo squilibrio che abbiamo creato?
Il paradosso è che le iniziative provenienti dai singoli o da associazioni di singoli, si stanno dimostrando molto più incisive in questo ambito.
Basti considerare la famosa sentenza della Corte Suprema olandese sul caso Olanda c. Urgenda del 20 dicembre 2019, la quale ha stabilito l’obbligo del governo Olandese di proteggere i suoi cittadini dai rischi del cambiamento climatico e la competenza della magistratura sulle materie afferenti al cambiamento climatico[4].
Per la prima volta, quindi, il potere giudiziario è intervenuto su scelte di politica statale, afferenti al potere legislativo, sul tema del cambiamento climatico, solitamente riservato alla discrezionalità statale.
La Corte Suprema olandese, inoltre, nel condannare il governo olandese a rispettare obiettivi più elevati di riduzione dei gas a effetto serra rispetto a quelli decisi a livello europeo[5], ha richiamato i dati provenienti dagli studi dei rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), così giudicando la responsabilità individuale dei Paesi Bassi rispetto al cambiamento climatico, rigettando l’opposizione che allo stesso contribuiscano tutti gli altri Stati in maniera solidale.
Tale precedente, infatti, ha contribuito a nuove denunce e ricorsi che si stanno registrando in Belgio, Canada, Colombia, Germania, Irlanda, Francia, Nuova Zelanda e Svizzera, contro i propri governi. Infine, a tali ricorsi si aggiungono quelli di alcune famiglie europee che hanno denunciato la stessa Unione Europea per essersi dimostrata troppo permissiva rispetto alla pubblicazione dei nuovi obiettivi emissioni entro il 2030.
Senza la necessità di andare tanto lontano, basterebbe che la domanda di energia rinnovabile, da parte dei consumatori, cresca in modo esponenziale per costringere i fornitori, grazie al boicottaggio delle energie non rinnovabili, a prediligere esclusivamente una fornitura energetica pulita e sostenibile. È vero che negli ultimi anni sono cresciuti gli strumenti di convincimento sulle scelte di consumo della popolazione: ma è altrettanto vero che è proprio la popolazione a scegliere i suoi produttori principali di beni. Ci stiamo dimenticando il nostro potere d’acquisto e di scelta, così come, per sfinimento, sta accadendo a molti giovani nell’ambito delle scelte politiche. Basterebbe che ognuno, al contrario, si renda responsabile del proprio potere di acquisto e di decisione.
Ulteriore riflessione riguarda il ruolo significativo, in questo periodo di isolamento (“distanziamento”) sociale, degli strumenti telematici, divenuti quasi gli unici mezzi di comunicazione e di compagnia, che hanno contribuito a mitigare il senso di solitudine di alcune persone e il periodo di blocco totale; ciò è stato possibile, bisogna riconoscerlo, anche perché tali strumenti, globalmente diffusi, stanno sovrapponendo gradualmente alla vita reale (più o meno coscientemente) una esistenza virtuale (fatta di pagine “sociali”, di “migliaia” di amici, di centinaia di like …) proprio nella finalità di sopperire alle difficoltà interpersonali e sentimentali che molte persone, in un sistema tanto vasto e globalizzato, paradossalmente vivono.
Pur ammettendo la particolare utilità che hanno espresso in questo difficile periodo, tali strumenti hanno però anche evidenziato la loro valenza apparente circa la connessione con il mondo, considerato che l’essere umano non può prescindere, ontologicamente, dal confronto diretto e sociale, il solo che può farlo vivere e crescere nella realtà.
I mondi virtuali e, quindi, atomizzati e non autentici, non potranno (e non dovranno) mai amalgamarsi e sostituirsi al miracolo ed alla bellezza della vita reale; così come gli strumenti informatici dovranno essere al nostro servizio per una globalizzazione di utilizzo e non, al contrario, per la creazione di una realtà parallela e sostitutiva delle sensazioni, dei sentimenti, degli stati di animo, delle credenze religiose che sono e rimarranno esclusivamente connaturate al genere umano.
Ci si chiede, quindi, quale sia la vera utilità di ampliare in modo vertiginoso una tecnologia che già si sta imponendo, nella sua pericolosità, sulla nostra reale natura ed esistenza, per giungere alla spropositata idea di investire miliardi e miliardi di dollari nella nuova tecnologica 5G. Nei prossimi due anni, infatti, è previsto il lancio di più di 20.000 satelliti che copriranno totalmente l’orbita terrestre e che ci permetteranno di navigare su internet con una più rapida velocità e di far funzionare tutti i nostri apparecchi in modo, praticamente, automatico.
Ci chiediamo, quindi, se tali investimenti siano più utili alla causa ambientale e umana, molto più urgente rispetto al passaggio a una nuova forma di telecomunicazione, senza considerare i problemi sulla salute che molte associazioni stanno già denunciando e che sembrerebbero legati alle radiazioni magnetiche alle quali saremo sottoposti ogni giorno, per tutti i giorni e ovunque.
Ma, soprattutto, in un periodo tanto tragico e triste della storia dell’umanità, attraverso il quale si sta aprendo una breccia per un ritorno all’essenza, se non altro per i sacrifici economici che dovremo sopportare, puntare a far crescere una tecnologia che potrebbe incluso aggravare il problema ambientale (inquinamento creato dal lancio di 20.000 satelliti nello spazio, rimozione di alberi più alti di cinque metri, radiazioni magnetiche sconosciute nei loro effetti, sia sulla salute umana che su quella delle piante e degli animali, etc.) pare una scelta confusa, slegata dal contesto nel quale stiamo vivendo.
Aumenta, così, l’esigenza di un rinnovamento da tutti i punti di vista, non solo politico ma anche spirituale e sociale, rispetto ai risultati insoddisfacenti e contraddittori della società che ci stiamo lasciando alle spalle.
L’esigenza di una guida spirituale, per esempio, è risultata quanto mai attuale negli ultimi mesi, durante i quali la Chiesa ha cominciato ad assumere un ruolo sempre più centrale nel contribuire a sostenere la speranza e gli animi delle persone, sopperendo alle mancanze evidenti dello Stato.
In questo contesto di ricerca di punti fermi e saldi, rispetto alle oscillazioni della politica, anche il ruolo del giurista sta avanzando in modo prorompente. Le grandi conquiste dell’umanità sono state segnate dall’opera di illustri giuristi e pensatori che hanno creato opere di indiscussa intelligenza, ancora oggi attuali, create e sigillate per difenderci nei nostri diritti fondamentali in quanto esseri umani. Non possiamo che auspicare, quindi, il ritorno di una coscienza giuridica forte, fatta di professionisti competenti e preparati, che possano difendere i veri valori alla base di questo nuovo processo di evoluzione, contro le limitazioni ingiustificate alla nostra libertà personale e, come pare stia succedendo, contro scelte politiche che contengono un alto margine di rischio della tutela della nostra salute.
Rischi che si concretizzano nella scelta di procrastinare sine die un intervento rapido e congiunto, a livello internazionale, contro una minaccia molto seria che è il cambiamento climatico, aggravato dal nostro comportamento totalmente insostenibile, alla quale si aggiunge un’ulteriore minaccia, della quale si vedranno gli effetti nei prossimi due anni, che è quella della sperimentazione sugli esseri umani della tecnologica 5g. Non è questa la sede per approfondire argomenti che sono di carattere scientifico e non giuridico.
Tuttavia, in quanto giuristi, vorremmo suggerire che, in entrambi i casi, si stanno ledendo principi importantissimi e valori inderogabili, come il principio di precauzione e la salvaguardia dei diritti umani come il diritto alla vita e al diritto alla vita privata e familiare, intese secondo le interpretazioni estensive che negli ultimi anni sono state realizzate dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
L’ultima riflessione riguarda la nostra intimità come esseri viventi. Suggeriamo, infatti, di appuntare con sincerità tutte le riflessioni che ognuno si senta di fare su questo periodo, tutti i veri cambiamenti che si vorrebbero per il futuro dell’umanità, che mai è stata tanto vicina in sentimenti, speranze e paure, seppur costretta al distanziamento. Saranno importanti, un giorno, quando questo periodo sarà passato e saremo in grado di apportare quei cambiamenti non solo nella nostra vita ma anche in quella degli altri.
I grandi cambiamenti cominciano da una sola persona, non abbiamo più bisogno di eroi, bensì di riconoscere un comune sentimento di esistenza e di compartecipazione che ci renda tutti responsabili del futuro della nostra specie.
Avvocato Enzo Proietti
[1] Una delle analisi più conosciute e complete sugli scenari futuri del nostro Pianeta è stata elaborata dal giornalista e attivista britannico Mark Lina, il quale, nel suo libro “Sei Gradi”, riporta i cambiamenti concreti sia territoriali che climatici che l’aumento della temperatura terrestre provocherà: Lynas, M., Sei gradi. La sconvolgente verità sul riscaldamento globale, Fazi, Roma, 2008.
[2] I gruppi scientifici dell’intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), in uno dei rapporti più incisivi degli ultimi anni, il Fifth Assessment Report, 2013/2014 (hereinafter: AR5/2013), hanno specificato in maniera inequivocabile che entro l’anno 2050 più di metà dell’energia del pianeta dovrà essere prodotta da fonti a basse emissioni di inquinanti atmosferici, al contrario dei combustibili fossili che dovranno essere completamente eliminati come fonte di energia entro l’anno 2100. Questa riduzione, dice il rapporto, è assolutamente necessaria per limitare a 2°C l’incremento di temperatura sulla Terra nel corso dei prossimi cento anni. Se queste indicazioni non saranno seguite, «le continue emissioni di gas serra causeranno un ulteriore riscaldamento e cambiamenti di lunga durata in tutte le componenti del sistema climatico, aumentando la possibilità di severe, pervasive e irreversibili conseguenze per l’umanità e per l’ecosistema». A riprova di tale assunto, secondo il Gruppo di Lavoro I, Climate Change 2013 – The Physical Science Basis, contributo al Quinto Rapporto di Valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change: «Le emissioni cumulative di CO2 determinano principalmente il riscaldamento superficiale medio globale per la fine del XXI secolo e oltre. La maggior parte degli aspetti del cambiamento climatico perdureranno per parecchi secoli anche se le emissioni di CO2 saranno fermate. Questo comporta un sostanziale impegno multisecolare per il cambiamento climatico, causato dalle emissioni di CO2 passate, presenti e future. Limitare il riscaldamento causato dalle sole emissioni antropogeniche di CO2 a meno di 2°C rispetto al periodo 1861-1880 con probabilità > del 33%, > del 50%, e > del 66%, richiederà che le emissioni cumulative di CO2 da tutte le fonti antropogeniche siano mantenute rispettivamente tra 0 e circa 1570 GtC (5760 GtCO2), tra 0 e circa 1210 GtC (4440 GtCO2), tra 0 e circa 1000 GtC (3670 GtCO2), a partire da quel periodo23. Gli importi più alti si riducono rispettivamente a circa 900 GtC (3300 GtCO2), 820 GtC (3010 GtCO2), e 790 GtC (2900 GtCO2), quando sono presi in considerazione forzanti non-CO2), come nello scenario RCP2.6. Un quantitativo pari a 515 [445-585] GtC (1890 [1630-2150] GtCO2) è già stato emesso entro il 2011». Consigliamo vivamente di visitare la pagina web dell’IPCC, per essere aggiornati sui continui sviluppi scientifici rispetto al cambiamento climatico: www.ipcc.ch.
[3] Esiste già un’ampia dottrina sul tema. Consigliamo, per un approfondimento, WWF, Perdida de Naturaleza y pandemias. Un planeta sano por la salud de la humanidad, disponible a la siguiente pagina web: file:///E:/2020%20NUOVI/NUOVI%20APRILE/naturaleza_y_pandemias_wwf.pdf. Si veda, anche, Gozlan, R., Jagdesh , S: Así influyen los cambios medioambientales en la aparición de nuevas enfermedades. The Conversation. (16 Febrero 2020), disponible a la siguiente pagina web: https://theconversation.com/asi-influyen-los-cambiosmedioambientales-en-la-aparicion-de-nuevasenfermedades-131778.
[4] Olanda c. Urgenda Foundation, 20 dicembre 2019 – De Staat Der Nederlanden v. Stichting Urgenda, per leggere la versione in inglese, suggeriamo il seguente link: https://www.urgenda.nl/wp-content/uploads/ENG-Dutch-Supreme-Court-Urgenda-v-Netherlands-20-12-2019.pdf. La storia della Fondazione Urgenda merita un ampio approfondimento. Suggeriamo vivamente la scoperta delle sue idee rivoluzionarie: www.urgenda.nl/en/home-en/
[5] Risulta opportuno specificare che, secondo gli obiettivi dell’Unione europea da realizzarsi entro il 2020, era richiesto a tutti gli Stati membri una riduzione delle emissioni inquinanti pari al 20%, mentre i rapporti dell’IPCC (più coerenti con la situazione di emergenza che stiamo vivendo) richiedevano una riduzione maggiore, pari al 25% come minimo, fino al 45%. Il governo Olandese, quindi, è stato condannato non perché inadempiente rispetto agli obblighi comunitari che, di fatto, stava rispettando, bensì perché inadempiente rispetto all’obbligo di proteggere i propri cittadini dal cambiamento climatico e, quindi, dall’obbligo di seguire standard più alti di tutela.